giovedì 21 luglio 2011

Lo strano viaggio

Quando mi hanno chiamato per informarmi che il primo colloquio era andato bene e che quindi mi srei dovuta recare a Firenze per la seconda selezione ero in un camerino di un negozio a provare delle camicie in saldo. Interdetta e sorpresa  ho rimandato l'acquisto e ho iniziato a pensare al viaggio imprevisto come una grossa scocciatura. E' vero, sono in cerca di lavoro, ma è una fase della mia vità in cui le novità mi devono travolgere, non ho la costanza di andarmele a cercare.Non avevo vpglia di partire di affronatre un viaggio di andata e ritorno in giornata con il caldo e la folla delle partenze estive; ma non è che ci fosse molta scelta.
In realtà ho sempre molto amato i viaggi in treno, guardando fuori dal finestrino vengo sempre colta da pensieri poetici, ispirazioni di vario genere e riflessioni più o meno profonde, questo almeno quando ero pendolare da Roma e il treno rimanevo quasi l'unico modo di rientrare a casa con rapidità. Poi c'è un momento nella vita in cui cominci a temere le pause in cui puoi isolarti dal resto del mondo e guardare fuori dal finestrino, paura come di essere travolti da qualche verità indimostrabile e terribile che farà capolino a tradimento tra un cambio binario e una sosta in stazione. Come quella volta ad Alassio mi pare, nel lungo viaggio verso Ventimiglia, diretta a Nizza, quando distrattamente guardando fuori, mentre il treno si era fermato in stazione assistevo al ritrovarsi di un ragazzo e una ragazza, giovani e bellissimi.
Erano il ritratto dell'amore che non risponde a troppe regole, di un amore fuori da una serie di schemi e forse davvero normale, perchè l'amore dovrebbe essere così, pura felicità di trovarsi e ritrovarsi ogni giorno, anche perdendosi se necessario. Per gionri, per settimane la netta e crudele consapevolezza che quell'amore non è per tutti e che è una lotteria che vincono in pochissimi.
Le rivelazioni nei viaggi sono quelle che restano più impresse, forse perchè le leghiamo ai paesaggi nuovi, alle fotografie che ce li ricordano.
A Firenze ci saranno stati almeno 35 gradi e troppi turisti dappertutto; ma Firenze è bella sempre, le perdoni di avere così tanti ammiratori perchè è una bellezza che non può celarsi dietro nessuna bassa stagione.
Dopo il colloquio, di cui non saprei dire come sia andato, un breve giro per respirare ancora un po' di quell'aria speciale che hanno i luoghi della storia, dell'arte, quella con la A; mille pensieri, qualche preoccupazione, il lavoro e la casa,l'incertezza del non sapere cosa sia meglio fare e il profondo desiderio di convincere se stessi che alla fine va solo e solamente come deve andare, cioè nel modo migliore ( nei giorni in cui sono pessimista, ovviamnete dicoi il peggiore, ça va sans dir..)
Prorpio con questa ribollita di pensieri a spasso nella mia testa e attraversando Piazza del Duomo che sento una musica a me familiare, o meglio, diviene familiare dopo qulache istante che ha funzionato da soundtrack delle mie peregrinazioni mentali. Un uomo, con buona probabilità di nazionalità slava, suona alla fisarmonica una sonata di Bach di cui puntaulmente riesco a dimenticare il numero, ma che è sempre stata chiamata in un lessico familiare tra me e mia madre, " la musica degli angioletti"; questo perchè il 45 giri di casa riporta sulla copertina due puttini paffuti e beati che strimpellano un qualche strumento, e mia madre credo abbia riempito la mia infanzia di Bach, tant'è che lo amo molto.
In quel momento, la fisarmonica mi ha regalato una versione almeno per me inedita della musica più dolce della mia infanzia ( e in generale una delle cose più dolci della mia infanzia), e ha prodotto l'effetto di paralizzarmi a pochi passi dall'abile esecutore, quasi in trance.
Anche se è fuori moda, se fa ragazza di campagna, se il mondo è degli scettici, io credo e continuo a credere nelle risposte, nei segni che da qualche parte arrivano quando meno li aspetti.
Lì impalata in mezzo a orde di giapponesi e Nikon mi sono resa conto che non ogni preoccupazione andava lasciata da parte, che c'è sempre qualcosa che arriva che da' un senso alle cose, e che i percorsi migliori sono quelli intrapresi pensando di aver sbagliato strada.
Ho lasciato qualche moneta al suonatore di fisarmonica e mi sono fatta largo verso la stazione; il viaggio di ritorno ho dormito come una bambino a cui qualcuno ha raccontato una storia dolcissima, non c'è stato bisogno in questo strano viaggio di guardare fuori dal finestrino.