lunedì 5 dicembre 2011

Io sono il mio lavoro

Mesi fa una mia amica di vecchia data ha avuto il suo primo figlio( succede fin troppo spesso ultimamente, e intanto il mio orologio biologico sembra proprio rotto) e siamo andate in delegazione noi ancora etranee al mistero della maternità a portare gli ossequi come i Magi alla capanna. Aldilà di una serie di ovvietà che in questi casi si dicono( quant'è bello...somiglia a te...quanti capelli!!!) abbiamo avuto la telecronaca del parto( e ce la saremmo evitata volentieri) e il preciso sentore che tutte quelle cose che si dicono sulle emozioni della maternotà siano un modo per pubblicizzare e favorire l'incremento delle nascite, e basta.
Anyway... ingenuamnete io le ho chiesto quando sarebbe rientrata al lavoro immaginando quanto avrei desiderato io nella sua condizione riprendere un ritmo di vita normale in cui non ci si senta una mucca dispensatrice di latte ogni 3 ore ma  ancora una seria professionista che ama il suo lavoro. alla risposta mi sono penstita di aver formulato la domanda; non solo ho scoperto che la mia amica aveva usufruito di un permesso extra maternità( retribuito) ma sarebbe rientrata a Febbraio 2012 con orario ridotto.
Sono rimasta zitta ma sono certa che il m io viso ha tradito il mio pensiero: non discuto il legittimo desiderio di godersi le famose "gioie della maternità" e il pupo quanto più è possibile, quanto piuttosto questa accanita ricerca di escamotages per fottere lo Stato, la Società lavorando il meno possibilimente possibilmente ricavandone il massimo sotto il profilo economico e adornanre la cosa con la storia dell'amore materno su cui nessun politico( magari manco Brunetta) oserebbe mettersi contro.
Nulla contro la mia amica, ha la possibilità di fare questa scelta e stupida sarebbe forse a non approfittarne, ma questo è per me spunto di una riflessione piuttosto amara: la gente lavora ma non ama il proprio lavoro.
Certo, se ti dessero la stessa quantità di denaro per la metà dell'impegno e del tempo che dedichi al tuo lavoro...bhè, piacerebbe a tutti, ma è possibile che nessuno dia dignità al lavoro come forma di espressione di quello che si è?
Nelle svariate esperienze lavorative ho avuto modo di rendermi conto che quello che si esprime nel proprio lavoro, in termini di comportamneti e impegno e onestà, dice molto delle persone, e fa intravedere quello che in un contesto extra lavorativo magari neanche immagineremmo.
Capisco che è ovvio, non tutti fanno il lavoro dei propri sogni, e capisco che sia frustrante e poco gratificante, ma tant'è, è lavoro, è quello che se accadrà qualcosa di terribile nella tua vita potrà costituire una valida ciambella a cui appendersi e con cui guadagnare terra.
Io senza lavoro, senza le sicurezze e la linfa che mi regalano le ore interminabili di lavoro sono solo una persona nevrotica nperennemnete preoccupata per qualcosa che medita e rimugina sulla propria vita trovandola un grandioso disatro per molti aspetti.
Amo il mio lavoro, amo la gente che incontri e che per un po diventa la tua famiglia, e anche se non sono diventata il cardio chirurgo che avreu voluto e lavoro per una delle cose più effimere al mondo, lo faccio con passione e non mi rispsarmio. quindi si, io sono il mio lavoro, perchè quando sono in attività mi sento la donna energica brillante e valida che potenzialmente sono, e torno a casa stanchissima ma molto soddisfatta, e ho i miei adorati ad aspettarmi. Sono fortunata.





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